sabato 27 agosto 2016

Responsabilità, emergenze, prevenzione e partecipazione

Terremoto: responsabilità, gravi ed evidenti, di chi ha governato negli ultimi anni. Per un immediato cambio di rotta necessarie la pressione e la partecipazione dei cittadini.


Mettere accanto, l'uno all'altro, i termini "terremoto" ed "emergenza" o "fatalità" è un oltraggio alla memoria delle 4.828 vittime che si sono registrate negli ultimi cinquant'anni in Italia a seguito di eventi sismici.
Se è vero, infatti, che non è possibile prevedere i terremoti, è altrettanto vero che in un Paese con un rischio sismico tra i più alti nel mondo e con 3.690 terremoti di magnitudo superiore a 2.5 negli ultimi 5 anni, il minimo che si possa fare è prevenire: il che significa, come va ripetendo da anni l'inascoltato Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, "rispettare le norme antisismiche nella costruzione di nuovi edifici e cercare di mettere in sicurezza gli edifici già esistenti, soprattutto quelli di edilizia pubblica".
Mentre in Giappone e Stati Uniti si sono ottenuti importanti risultati nel minimizzare gli effetti distruttivi di eventi sismici di magnitudo ben superiore a quella del sisma di Amatrice ed Arquata, in Italia invece i terremoti si trasformano quasi sempre in tragiche emergenze ed in eventi luttuosi.
Il prezzo che si paga al piegarsi alla logica dell'emergenza ha anche altre conseguenze nefaste: ragionando in termini strettamente ragionieristici, per ricostruire si spende molto più che prevenire. Si stima, infatti, che le varie ricostruzioni post-terremoti degli ultimi cinquant'anni (dal Belice in poi) siano costate alla collettività qualcosa come 150 miliardi di euro mentre per mettere in sicurezza gli edifici già esistenti ne occorrerebbero 80.
Ricostruire in situazioni di "emergenza" determina inoltre incapacità di controllo della spesa (lo ha certificato la Corte dei Conti), pessimi risultati dal punto di vista tecnico-costruttivo (si pensi ai numerosi casi di crollo dei balconi degli alloggi antisismici a L'Aquila); favorisce il diffondersi di fenomeni corruttivi e mafiosi-camorristici-ndrangetisti (vedi Irpinia e, di nuovo, L'Aquila), l'annientamento di intere comunità e delle relazioni sociali; determina, infine, lo stravolgimento delle regole dello Stato di diritto (limitazione delle libertà personali, espropriazione dei poteri degli enti territoriali, ecc.).
La logica emergenziale alimenta il vortice dell'irresponsabilità collettiva ed è per questa ragione che deve essere denunciata all'opinione pubblica che ha a sua volta il diritto-dovere di reagire.
La responsabilità delle devastazioni e del pesante tributo pagato in termini di vite umane per eventi sismici (quasi 5.000 vittime negli ultimi 50 anni) e per disastri ambientali (si pensi, ad esempio, ai recenti fatti di Genova o all'alluvione di Sarno con i suoi 159 morti o a quella piemontese del 1994 che causò 70 vittime) va ascritta per intero a coloro che, investiti di responsabilità di governo, hanno brillato per inerzia, spingendosi fino a promuovere l'utilizzo predatorio e spregiudicato del territorio.
Come dimenticare, in tempi recenti, l'edificazione e l'infrastrutturazione, con tanto di pareri favorevoli ed autorizzazioni, di parte della città de L'Aquila su una faglia attiva (Pettino), e la seguente ricostruzione nel medesimo sito ad alto rischio sismico? Come non ricordare che il decantato "Sblocca Italia" è la più recente e forse la più tristemente nota tra le modalità con cui la bramosia di devastazione dei territori si è tradotta sul piano legislativo?
Mancata prevenzione antisismica, edificazione selvaggia, trivellazioni, realizzazione di infrastrutture energetiche inutili, impattanti e dispendiose, sono figli della stessa cultura predatoria, della medesima matrice ideologica i cui pilastri portanti sono lo sfruttamento dissennato del territorio, la mancanza di rispetto del diritto alla vita ed il saccheggio dei beni comuni.
Questa nuova tragedia nazionale non è frutto della casualità ma ha mandanti ed esecutori che meritano di essere sfiduciati dai cittadini e sanzionati, quanto meno sotto il profilo politico.
In merito ad altri profili di responsabilità sarà la magistratura a pronunciarsi. La Procura di Rieti, che ipotizza il reato di disastro colposo, è già al lavoro. Confidiamo che giustizia sia fatta e che non abbiano a ripetersi i fatti de L'Aquila (assoluzione in Cassazione dei componenti della Commissione Grandi Rischi e condanna delle famiglie delle vittime al pagamento delle spese processuali).
Dopo questa nuova strage di innocenti, nessuno può arrogarsi il diritto di tergiversare: occorre subito una rapida inversione di rotta nelle politiche di governo del territorio e nella pianificazione delle opere, anche di quelle ritenute fino ad oggi strategiche e di interesse nazionale.
Nulla è più strategico e nulla risponde in maggior misura all'interesse nazionale che la tutela della sicurezza e della vita dei cittadini!
Governo e Regioni si facciano promotori SUBITO di un Piano Straordinario di messa in sicurezza dell'intero territorio italiano -dal punto di vista sismico, idrogeologico e paesaggistico-, sul modello dell'Unica Grande Opera (UGO) di Salvatore Settis e Tomaso Montanari, e del patrimonio edilizio privato e pubblico, reperendo risorse anche in ambito U.E., stimate in 4 miliardi di euro/anno per 20 anni, che devono poter essere impegnate anche in deroga ai limiti posti dal Patto di Stabilità e che, oltre tutto, genererebbero nuove attività d'impresa, occupazione qualificata e gettito fiscale.
Con riferimento alla prevenzione degli effetti distruttivi degli eventi sismici, sul modello di quanto fatto in Toscana con la legge regionale n. 56 del 1997, che per prima ha introdotto finanziamenti pubblici per i privati, è necessario ed urgente procedere alla realizzazione di indagini di microzonizzazione sismica in tutto il territorio nazionale (i fondi assegnati ai Comuni sono stati utilizzati tutti e non si sono rivelati sufficienti), di verifiche sismiche su edifici pubblici, di una rete sismica e geodetica; promuovere una campagna di capillare informazione diretta alla popolazione e nelle scuole; mettere a disposizione delle famiglie in incentivi e finanziamenti tali da incoraggiarle a verificare sotto il profilo sismico e, se del caso, ad adeguare le abitazioni di proprietà; semplificare l'attuale meccanismo per l'erogazione dei contributi già stanziati e disponibili.
Tali nuovi finanziamenti pubblici sono da intendere come aggiuntivi, cumulabili e non sostitutivi rispetto alla misura della detraibilità fiscale prevista nella misura del 65%, per spese di adeguamento sismico sostenute da soggetti Irpef e condomini, che andrebbe anch'essa resa strutturale.
Sempre nell'ottica della prevenzione e della corretta pianificazione delle opere pubbliche, dovrebbero essere introdotti più severi requisiti nella valutazione di compatibilità ambientale, nella selezione delle aree in cui è possibile realizzare determinate opere ed attività, e più elevati standard qualitativi nella progettazione di autostrade, dighe, acquedotti, gasdotti, ecc..
Con riferimento alle opere ed alle attività "petrolifere", la soppressione del Piano delle Aree, prevista nella Legge di Stabilità 2016 e fortemente voluta dal Governo, va nella direzione opposta. Lo strumento deve essere assolutamente recuperato in modo che si sappia una buona volta cosa può essere costruito e cosa no ed in quali aree del Paese.
Il sistema Paese reclama un salto di qualità e di razionalità per porre rimedio agli effetti delle scelte scellerate del passato e per prevenirne di nuove.
Il pensiero corre alla diga idroelettrica di Rio Fucino, sul lago di Campotosto, costruita sulla faglia dei Monti della Laga, in provincia di Teramo, il cui cedimento spazzerebbe via interi centri abitati a valle; alle 8 esplosioni di metanodotti verificatesi in Italia dal 2004 ad oggi (Montecilfone, Tarsia, Tresana, Sciara, Sant'Alberto, Pineto, Roncade ed Alta Val Marecchia); alle campagne di trivellazioni autorizzate sia a terra in zone ad alto rischio sismico (Emilia, Basilicata) sia in mare, in aree soggette al fenomeno della subsidenza (Ravennate e Veneto); alle attività di reiniezione a forte pressione dei fluidi di scarto della lavorazione del petrolio, a circa 4 km di profondità, che si vorrebbero effettuare in Basilicata all'interno delle rocce carbonatiche deformate della piattaforma appula; infine, al TAP, al " grande tubo" lungo quasi 700 chilometri, che, nonostante l'opposizione di alcune Regioni, attraverserà l'Italia dalla Puglia fino all'Emilia Romagna, transitando lungo la dorsale appenninica ed attraversando le località più colpite dal terremoto del 1997 (Marche ed Umbria), dal sisma del 6 aprile 2009, in provincia de L'Aquila, e, infine, dal nuovo terremoto di magnitudo 6.2 che ha raso al suolo Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto ed altri borghi minori.
In ultimo ma non per ultima, la riforma del Titolo V della Costituzione, con tutto ciò che ne conseguirà in termini di mancata interlocuzione e collaborazione tra Stato e Regioni in materia di approvazione di opere ed infrastrutture energetiche, con conseguente accentramento delle scelte nelle mani dello Stato che potrà disporre a proprio piacimento dei territori e delle loro fragilità ambientali, così già si è verificato con il TAP.
Centralizzare non paga neppure sotto il profilo della gestione dei contributi previsti per la messa in sicurezza degli edifici privati. Nel 2013, ad esempio, delle 11.000 domande presentate ai Comuni, dopo un lungo passaggio di carte dai Comuni alle Regioni e da queste alla Protezione Civile, ne sono state accolte appena 1.849, per un contributo medio a pratica di circa 20 mila euro.
ll capitolo delle modifiche costituzionali si inserisce in un disegno complessivo di riforme della Carta e strutturali che riduce la possibilità per i cittadini di compiere scelte democratiche e di partecipare alle decisioni che hanno una ricaduta diretta e inequivocabile sulla propria salute, sulla sicurezza, sul benessere delle famiglie e della comunità.
E’ il momento che i cittadini si riapproprino di questo diritto-dovere e che si prenda atto della gravità della situazione del nostro Paese che, ancora una volta, si riscopre fragile da un punto di vista strutturale, ma ricco di partecipazione civica.
E' compito di chi governa i territori, ma anche di noi cittadini nel richiederle e sollecitarle, dar vita a politiche economiche che riducano il distacco tra la difesa del suolo e della salute pubblica (poca) e la solidarietà umana (molta).
Roma, 26 agosto 2016



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venerdì 26 agosto 2016

Clean Sea Adriatic Alliance lancia la campagna "The Adriatic Pledge"


COMUNICATO STAMPA
Clean Sea Adriatic Alliance lancia la campagna "The Adriatic Pledge"



L’organizzazione croata Clean Adriatic Sea Alliance ha lanciato da qualche giorno una nuova campagna online, The Adriatic Pledge: Una promessa per l’Adriatico, invitando i sei paesi che si affacciano sull’Adriatico: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Albania, ad implementare un divieto permanente di esplorazione e produzione idrocarburi in tutto il Mare Adriatico.

La petizione The Adriatic Pledge è disponibile sul rinnovato sito cleanadriatic.org, tradotta nelle diverse lingue. Può essere sottoscritta da singoli cittadini, mentre associazioni, organizzazioni e funzionari eletti possono inviare una mail a info@cleanadriatic.org per essere inclusi nella lista dei sostenitori.

"Ci auguriamo che la campagna offra una piattaforma sia per i cittadini che per le organizzazioni provenienti da entrambe le sponde del mare Adriatico per mostrare il proprio sostegno ad un divieto permanente", scrive Sam Evich, fondatore di Clean Sea Adriatic Alliance. "È il culmine di un movimento pubblico in crescita nella regione per lasciare i combustibili fossili sottoterra e per sostenere lo sviluppo delle energie pulite".

Inclusa nella petizione internazionale vi è una richiesta alle nazioni adriatiche per porre subito in atto piani strategici per produrre energia al 100% da fonti rinnovabili.

“Il 2016 è stato l’anno più caldo mai registrato” sostiene Rosalind Innes, membro del Coordinamento Nazionale NoTriv. “Non possiamo più rimandare la transizione verso le energie pulite per proteggere i nostri mari. Sosteniamo con forza The Adriatic Pledge”.

Anche la Società Tedesca per la Conservazione dei Delfini, Gesellschaft zur Rettung der Delphine, aderisce alla campagna.
“Questa è l’unica possibilità per i paesi che si affacciano sul Mare Adriatico di assumere un ruolo guida nella promozione delle energie rinnovabili” afferma Ulrike Kirsch, project manager del progetto tedesco-croato per salvare gli ultimi delfini dell’Adriatico.

“The Adriatic Pledge interconnette le lotte per una crescita economica pulita e rispettosa con quelle per i diritti delle popolazioni” ha dichiarato Gino Cirillo del Coordinamento No Triv Terra di Bari.

L’energia prodotta tramite la tecnologia solare, in particolare, sta dimostrando la sua competitività, e considerando che i paesi dell’Adriatico hanno in media più giorni di luce solare all’anno rispetto ad altre parti dell’Europa, questa si conferma una soluzione ideale per la crescita delle economie locali, preservando allo stesso tempo le comunità costiere.

L'urgenza di mobilitare le popolazioni in risposta al cambiamento climatico ha spinto molti esperti a immaginare nuove opzioni per produrre energia pulita. Uno dei più completi piani d'azione per produrre energia pulita è quello recentemente proposto da Mark Jacobson con The Solutions Project che include mix di fonti rinnovabili vitali per molti paesi in tutto il mondo, tra cui i sei paesi a cui facciamo appello: Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Albania.

Per aderire alla campagna:

Per approfondire:

Campagna 100% Possible https://100.org/


venerdì 5 agosto 2016

26 agosto, Molfetta: Prima proiezione pubblica del documentario "Mare Nostro"



Venerdì 26 agosto, Molfetta, Fabbrica di San Domenico, ore 21:00

Proiezione pubblica del film documentario “Mare Nostro“, incontro con l’autore e i protagonisti del film.


2016 – colore – 56′
Regia: Andrea Gadaleta Caldarola
Fotografia: Andrea Gadaleta Caldarola
Montaggio: Andrea Gadaleta Caldarola
Interpreti: Salvatore Savelmini, Antonio Rana, Vitoantonio Tedesco, Ignazio Salvemini, l’equipaggio di Nicolangela
Musiche: Sviridov Georgy (compositore), “Sacred Love” (titolo brano), Latvian Radio Choir, Klava, Tolstoy (esecutori), Naxos (casa discografica)
Produzione: Andrea Gadaleta Caldarola
Co-produzione: Rosanna Rizzi
SINOSSI
Molfetta, una città del sud Italia che si affaccia sull’Adriatico. Qui il mare non è solo sfondo di paesaggi pittoreschi da cartolina. Pesca e commercio marittimo hanno plasmato nei secoli l’ecosistema sociale ed economico della città. Attraverso le voci di alcuni pescatori, Mare Nostro intreccia e ricompone memorie e frammenti di un luogo in cui i confini tra cronaca e antichi rituali, fatti storici e ricordi personali appaiono sfocati.
NOTE DI REGIA
Mare Nostro, l’ultimo film di Andrea Gadaleta Caldarola, racconta una storia di mare. Il regista torna nella sua città d’origine e ritrae una città sospesa fra cambiamento e continuità, bellezza e rovina. Le architetture della città, le voci dei pescatori, le antiche processioni, le urla dei mercati raccontano di un rapporto col mare antico e profondo sul quale tutta una comunità ha costruito la propria identità. I racconti dei protagonisti, pescatori di Molfetta, riportano alla memoria storie private e fatti storici, frammenti e ricordi che si ricompongono in una storia più grande e complessa.