lunedì 24 novembre 2014

Un nuovo capitolo

Apprendiamo dal sito del Ministero dell’Ambiente che lo Stesso ha richiesto in data 14/11/2014, alla Global Petroleum Limited, d’integrare i documenti inviati dalla società australiana in merito ai quattro permessi di ricerca d’idrocarburi liquidi e gassosi lungo le coste pugliesi, risalenti ad inizio giugno.
Importante è il riferimento agli ordigni inesplosi presenti nella zona individuata dalla multinazionale australiana per le ricerche, come documentato dalle osservazioni inviate dal Comitato Bonifica di Molfetta.
Come Coordinamento No Triv Terra di Bari pensiamo che questo sia un primo passo per chiedere il definitivo annullamento delle quattro richieste della Global Petroleum. Se l’azienda invierà tra 60 gg. i documenti richiesti dal Ministero, saremo pronti sul piano amministrativo a confrontarci con nuove osservazioni e sul piano politico a coinvolgere tutte quelle parti sociali che in questi anni si sono opposte alla scellerata politica delle trivellazioni dentro e fuori della Puglia, proseguendo il percorso intrapreso quest’estate.
Le integrazioni richieste dal Ministero ribadiscono, seppur a grandi linee, quanto siano dannose per l’habitat marino le operazioni di ricerca condotte dalle multinazionali del petrolio. Ci sembra, però, importante sottolineare come lo stesso Ente sia poco attento o non conosca i nostri fondali, tanto da accettare le richieste della Global Petroleum nonostante le carte nautiche e della marina militare indichino la pericolosità del sito scelto per le stesse a causa della presenza di numerose quantità d’ordigni bellici della seconda guerra mondiale e del conflitto nella ex - Jugoslavia. Forse le scelte di sviluppo sono più importanti  dell’incolumità delle persone (e di coloro che avrebbero condotto le operazioni di ricerca in caso di autorizzazione ministeriale)!
Adesso più che mai è importante che i comuni interessati dalle richieste, ovvero, Molfetta, Giovinazzo, Bari, Mola, Polignano, Monopoli, Fasano, Ostuni, Carovigno, Brindisi, San Pietro Vernotico e Torchiarolo, si attivino per chiedere alla Regione Puglia di ricorrere alla Corte Costituzionale per l’abrogazione dell’art. 38 dello Sblocca Italia, creando un fronte comune che dal Salento alla Capitanata reclama la tutela dell’autonomia dei territori rispetto alle scelte energetiche del governo centrale.
Questo spiraglio che si apre può e deve portare a creare un fronte ampio che si opponga a tutte le altre richieste presentate sul territorio pugliese e supporti quelle regioni che oggi si stanno attivando contro il decreto Sblocca Italia.
La collaborazione tra “comitatini” ha dimostrato come le competenze di chi lavora quotidianamente sulle emergenze ambientali siano indispensabili nel confronto con processi economici spudorati che non hanno rispetto dei luoghi da cui intendono trarre profitto. Non essendo stati ascoltati a fine luglio, quando inviammo le osservazioni insieme al Comitato Bonifica di Molfetta, al Coordinamento No Triv Mediterraneo ed all’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi, dalle amministrazioni locali che hanno scelto di non farle proprie, oggi auspichiamo un confronto serio sui territori che metta la politica di fronte alle vere responsabilità ed alla necessità di risolvere, prima di tutto, le emergenze ambientali provocate da scelte di sviluppo scellerate.



domenica 23 novembre 2014

"Gli ordigni inesplosi nel Basso Adriatico fermeranno le trivellazioni?"

In una giornata di mobilitazione come questa, tra la manifestazione GIU' LE MANI DALLA NOSTRA TERRA svoltasi a Matera e la Ciclopasseggiata NoTriv organizzata dalla rete appulo-lucana SALVA L'ACQUA, condividiamo con piacere il Comunicato Stampa del Comitato Bonifica Molfetta:


Comunicato Stampa del “Comitato Bonifica Molfetta”- 23.11.2014
Apprendiamo con grande soddisfazione dal sito del “Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare” che sono state accolte le nostre osservazioni in opposizione alle istanze di permesso della Società Global Petroleum Limited, per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale dei progetti di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” al largo delle coste pugliesi.
Nel corpo delle osservazioni, tra le altre cose, avevamo dichiarato che in tutti i progetti per le quattro zone d’indagine si parla delle possibili opere di mitigazione delle Aree   Marine   Protette,   delle   Zone   di   Ripopolamento   e   le   Zone   Marine   di   Tutela   Biologica, dei siti sensibili di Rete Natura 2000, dei SIC, delle zone marine e costiere interessate da “Important Bird Areas”, ma non è stata scritta una sola parola sulla vasta aerea che spesso è sovrapposta, o confinante, alle quattro zone d80 F.R-.GP, d81 F.R-.GP, d82 F.R-.GP, d83 F.R-.GP, rappresentata dalle zone di affondamento di ordigni bellici indicata nelle mappe militari, nautiche e le stesse fornite dalla Società Global Petroleum Limited e indicate chiaramente con la dicitura “ORDIGNI INESPLOSI”; anzi diremo che la società ha ignorato il problema più grave, e significativo, che potrebbe interferire con le indagini geofisiche e perforazioni nel basso adriatico con possibili disastri ambientali e pericolosi per la salvaguardia dell’ecosistema e della salute pubblica .
Il C.B.M. di Molfetta fondava la richiesta di rigetto delle istanze della Società Global Petroleum Limited sulla mancanza di una qualsiasi proposta di mappatura, prospezione e georeferenziazione degli ordigni inesplosi presenti in una vastissima area sovrapposta o confinante, non solo con le zone d’indagine interessate alle odierne richieste, ma anche di altre sotto costa.
Ricordando le parole del Ministro della DifesaGiampaolo Di Paola: ” i residuati bellici a caricamento chimico si trovano in uno stato di conservazione pessimo, a seguito della prolungata azione della corrosione marina; ciò determina ulteriori difficoltà di rimozione ed elevati rischi per gli operatori, oltre a richiedere l’impiego di mezzi tecnologicamente avanzati, con conseguente aumento dei costi”; lasciamo immaginare cosa accadrebbe se pur una sola bomba caricata ad iprite, o altra sostanza chimica, fosse casualmente incrociata da una trivella o dall’azione di un potente air-gun. Purtroppo non parliamo di una sola bomba ma di migliaia di bombe sparse a macchia di leopardo, dalla costa fino a 40 miglia al largo, e dal faro di Vieste ad Otranto.
Ebbene, con la nota n.0003772 del 3.11.2014, la Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale del Ministero, ha richiesto alla Società Global Petroleum varie integrazioni documentali tra cui gli “approfondimenti normativi, scientifici e presso le Istituzioni competenti, della compatibilità dell’esecuzione delle indagini sismiche previste con le aree di deposito di ordigni inesplosi in mare “. Pertanto, tra 60 giorni conosceremo i contenuti dei documenti integrativi che la Società Global Petroleum presenterà, nel frattempo non faremo mancare il nostro contributo specifico al Coordinamento No Triv della provincia di Bari e a tutti i comitati No Triv regionali e nazionali.
per il Consiglio di gestione CBM – Matteo d’Ingeo
Fonte: http://liberatorio.altervista.org/gli-ordigni-inesplosi-nel-basso-adriatico-fermeranno-trivellazioni-global-petroleum/

Elaborazione cartografica ottenuta sovrapponendo i poligoni delle istanze dei permessi di ricerca in mare d80 F.R-.GM, d81 F.R-.GM, d82 F.R-.GM, d83 F.R-.GM della Global Petroleum Limited nel Mare Adriatico, quelli delle istanze d 85 F.R-.GM, d 86 F.R-.GM, d 87 F.R-.GM, d 89 F.R-.GM e d 90 F.R-.GM da parte della Global MED LLC nel Mar Jonio (fonte: http://cart.ancitel.it/index.html?context=WMC%2FVIA.wmc&v=full) e la Mappa degli Ordigni inesplosi presenti nell'Adriatico Meridionale (fonte: MAP OF UNEXPLODED ORDNANCE DUMPING SITES IN THE SOUTHERN ADRIATIC SEA - R.E.D.C.O.D. project (Research on Environmental Damage causade by Chemical Ordnance Dumped at sea) co-finanziato dalla Commissione Europea (azione B4-3070/2003/368585/SUB/D.3)).
E' evidente come almeno tre poligoni relativi alle istanze d80 F.R-.GM, d81 F.R-.GM, d82 F.R-.GM della Global Petroleum si sovrappongono alle aree indicate nella mappa degli ordigni inesplosi.
Si riportano qui anche le nuove istanze di ricerca che interessano il Mar Jonio e in particolare le coste dei comuni di Alessano, Alliste, Andrano, Castrignano del Capo, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Gallipoli, Morciano di Leuca, Otranto, Patù, Racale, Salve, Santa Cesarea Terme, Taviano, Tiggiano, Tricase, Ugento e Castro.

giovedì 13 novembre 2014

Lo “Sblocca-Italia” è legge. Ma in cosa consiste?



Lo Stato interviene autonomamente su temi come la produzione energetica e la salvaguardia ambientale, riducendo drasticamente lo spazio d’azione di enti locali e Regioni interessate dalle scelte nazionali, ricorrendo, eventualmente, al “commissario speciale”, di cui abbiamo già visto i risultati a L’Aquila  o all’Expo.

Per i progetti di prospezione, ricerca, estrazione d’idrocarburi, alle infrastrutture dedicate al trasporto, alla rigassificazione e allo stoccaggio sotterraneo del gas è stato precisato che sono “d’interesse strategico, pubblica utilità, urgenti e indifferibili” (Art 36, 37, 38). 

L’obiettivo dichiarato è quello di raddoppiare le estrazioni nazionali di idrocarburi.

Per noi pugliesi questo significa che, verosimilmente, verrà dato il via libera a tutte le istanze di ricerca nei mari Adriatico e Jonico. Le multinazionali potranno tranquillamente trivellare le nostre coste, da Taranto alle Isole Tremiti, con effetti devastanti per l’economia locale (pesca e turismo soprattutto), modificando per sempre la bellezza dell’ ambiente marino (e non solo), con seri rischi per la nostra salute.


Ci riguarda molto da vicino anche ciò che lo Sblocca-Italia comporterà in Basilicata, regione già colpita dall’illusione del petrolio. Secondo diversi studi, l’attività d’ estrazione petrolifera sta inquinando l’invaso del Pertusillo, una fonte d’acqua che rifornisce anche l’Acquedotto Pugliese. Vi si registrano infatti grandi quantità d’ idrocarburi e metalli pesanti, come l’alluminio. In aggiunta a questo scenario, il progetto Tempa Rossa, fortemente voluto dalla Total, oltre alle trivellazioni a ridosso di una zona protetta, prevede che sia la raffineria Eni di Taranto a lavorare il petrolio grezzo (la Regione Puglia ha sciaguratamente già concesso i permessi per il potenziamento della raffineria con l’aumento delle emissioni). 
Ovvero, più cemento per allargare il porto cui attraccheranno le navi per portare via il petrolio e, soprattutto, aumento dell’inquinamento in una città già violentata dalla presenza dell’Ilva.


Il Coordinamento partecipa allo sciopero sociale del #14N per denunciare tali scelte e chiedere l’abrogazione degli artt. incriminati. 
Questo Medioevo della società contemporanea deve terminare!


martedì 11 novembre 2014

Contro lo Sblocca Italia il Coordinamento NOTRIV Molfetta scende in piazza il #14N


Lo Sblocca Italia è stato definitivamente convertito in legge al Senato a colpi di fiducia, ignorando le modifiche sollecitate dalle reti e dai comitati di cittadini. 

Le nuove norme incentivano un'economia dipendente dai combustibili fossili favorendo trivellazioni e mettendo a rischio la salute dei territori e delle comunità.

Nella nostra regione vi sono già quattro istanze per giacimenti di idrocarburi nell'Adriatico da parte della multinazionale Global Petroleum Limited, mentre nello Jonio la Global Med Llc minaccia di avviare nuove ricerche a pochi km dalle coste di Leuca.
Le conseguenze scellerate di tale modello energetico sono ben visibili nella vicina Basilicata, dove le contaminazioni da idrocarburi dovute ai pozzi in Val d’Agri giungono sino all’invaso del Pertusillo, bacino che fornisce di acqua potabile l’assetata Puglia.

Per rivendicare il nostro diritto al futuro basato su uno modello di sviluppo sostenibile e una gestione democratica dei territori il Coordinamento NOTRIV Molfetta aderisce allo SCIOPERO SOCIALE del 14 novembre.

Appuntamento in Piazza Umberto a Bari venerdì 14 alle ore 10. 



Laboratorio per l'organizzazione dello Sciopero Sociale a Bari

lunedì 6 ottobre 2014

INSOSTENIBILE, INCOMPATIBILE, NON DISCUSSO… E ANCHE INCOSTITUZIONALE!

Le contraddizioni del decreto “Sblocca Italia”, che rischia di sancire la nuova via italiana al petrolio



Lo spiaggiamento di un capodoglio, avvenuto a Polignano a Mare lo scorso 29 settembre, è l’ennesima dimostrazione dell’incompatibilità esistente tra trivellazioni petrolifere e sviluppo di un’economia sana ed ecosostenibile.
Molti studi scientifici parlano espressamente di un collegamento esistente fra gli spiaggiamenti di capodogli e tartarughe e le prospezioni petrolifere effettuate tramite air-gun, con successivi danni ambientali, ricadute d’immagine per i territori e costi sociali per la rimozione delle carcasse, che finiscono per ricadere sulle tasche della collettività.
Ritenere che le amministrazioni regionali non debbano aver nessun peso sulla determinazione di questo tipo di scelte, è un palese controsenso. Da anni i territori chiedono un tavolo aperto per discutere delle scelte energetiche del Paese, con una visione chiara e nel rispetto del ruolo di ognuno.
L’accelerazione che il Governo sta imponendo sulla conversione in legge del Decreto “Sblocca Italia”, con particolare riferimento agli artt. 36, 37 e 38, è tuttavia l’evidente dimostrazione di non volere alcuna interlocuzione con i territori.
In esso, oltre alla drastica e riduttiva semplificazione delle procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni per prospezioni e trivellazioni petrolifere, è previsto il totale esautoramento di ogni potere concorrente delle Regioni, sacrificando gli artt. 117 e 118 della Costituzione all’altare di una nuova “era del petrolio”.
La definizione di un’ “Intesa” con le Regioni è un elemento fondamentale, sancito dalla Costituzione e a più riprese riconosciuto da diverse sentenze della Corte Costituzionale, e tuttora vigente data la non ancora intervenuta modifica del Titolo V della Costituzione.
A maggior ragione, questo vale per i procedimenti riconosciuti dallo Stato come “strategici”, fermo restando che, all’improvviso, non tutte le attività di produzione di energia possano diventarlo per decreto.
A fronte di questo attacco, riteniamo valido ma chiaramente insufficiente il documento approvato dalla Conferenza delle Regioni il 19 settembre 2014, teso a una pur attenta “revisione” degli articoli relativi agli idrocarburi.
Chiediamo con forza, alla Regione Puglia di approvare un nuovo o.d.g. con il quale venga sancito l’impegno al ricorso alla Corte Costituzionale in via principale in caso di mancata revisione degli articoli sulle trivellazioni petrolifere che non rispettano i principi costituzionali, alla stregua di quanto fatto dai Consigli regionali di Basilicata e Abruzzo.
Chiediamo con forza, alla Regione Puglia di farsi promotrice di tale istanza verso le altre regioni e verso la Conferenza stessa, riavviando il percorso che aveva portato cinque consigli regionali (Puglia, Veneto, Abruzzo, Molise e Marche) ad approvare una proposta di legge alle Camere riguardante il “divieto di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi”.
Chiediamo con forza, ai parlamentari pugliesi e ai rappresentanti tutti della Commissione Ambiente di non essere responsabili dell’avvallo a un atto legislativo che, in maniera manifesta, non rispetti i principi della Carta Costituzionale, rendendo “strategiche” tutte le attività energetiche fatta eccezione per quelle rivenienti da fonti rinnovabili.




Comitato No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili 
Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi
Brindisi Bene Comune
Comitato Balneari Puglia
Comitato No al Carbone Brindisi
Comitato per la Tutela del Mare del Gargano 
Comitato Tutela Porto Miggiano 
Contramianto e altri rischi onlus
Coordinamento Naz. No Triv
Coordinamento No Triv - Terra di Bari
Garganistan
Gruppo Archeologico Garganico Silvio Ferri 
Legambiente Puglia
Movimento Stop Tempa Rossa Taranto
PeaceLink
 Rete No Triv Gargano
Salviamo il Paesaggio - Terra di Bari
Wwf  Puglia 
(PUGLIA)
Comitato Med No Triv
Comitato No Scorie Trisaia 
Ola - Organizzazione lucana ambientalista
(BASILICATA)
Comitato No al Petrolio nel Vallo di Diano 
(CAMPANIA)
Associazione culturale Sciami 
Comitato No Triv Sicilia
(SICILIA)



foto di Felisiano Bruni - RumoreCollettivo
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lunedì 22 settembre 2014

Una pentola a pressione pronta ad esplodere



Venerdì 19 settembre il coordinamento “No Triv - Terra di Bari” ed il comitato “Acqua Bene Comune Puglia” hanno partecipato alla conferenza organizzata da Ola Ambientalista in Val D’Agri, dal titolo “Petrolio, cosa bolle in pentola?”

Gli interventi dei tre relatori, ovvero, della prof.ssa Albina Colella, titolare della cattedra di Geologia all’università della Basilicata, del geologo Vincenzo Portoghese e del prof. Enzo Di Salvatore, associato di diritto costituzionale all’università di Teramo hanno spiegato alle associazioni ed ai “comitatini” provenienti dalle regioni interessate dalle trivellazioni come l’esperienza della Val D’Agri sia paradigmatica di quello che sta succedendo o potrebbe succedere altrove.

Le sottovalutazioni, le omissioni, le normative vigenti sono la causa di un disastro economico “lento ed irreversibile” che sta minando la salute di una zona bellissima per paesaggi e biodiversità, oltre ad avvelenare le falde acquifere tra cui quelle del Pertusillo che serve anche molti comuni della vicina Puglia.

Lo “Sblocca Italia”, come efficacemente spiegato dal prof. Di Salvatore, è l’architrave politico e normativo che legittima una politica energetica ed ambientale totalmente indifferente alle necessità delle comunità interessate ed alla salvaguardia dei beni comuni del territorio. Nella sua relazione sono emersi gli aspetti di palese incostituzionalità presenti negli artt. dal 36 al 38 del decreto, inerenti il titolo unico concessorio, il vincolo preordinato all’esproprio già in fase di ricerca, la completa estromissione degli enti locali dai procedimenti ed il rilascio dell’intesa in conferenza di servizi. Questi ultimi due punti, di fatto, delegittimano quel che resta del Titolo V della costituzione in tema di autonomia delle regioni e dei comuni ed annullano il confronto politico che non può esaurirsi in un atto amministrativo sancito da una conferenza di servizi.

Tutte queste ragioni ci sembrano sufficienti per richiamare la Regione Puglia ai propri doveri istituzionali, promuovendo quanto prima quel confronto da essa stessa proposto nell’incontro con il presidente del consiglio regionale Onofrio Introna, con i parlamentari pugliesi affinchè ascoltino la voce dei “comitatini” e delle associazioni ambientaliste e si assumano le loro responsabilità di fronte alle scelte contenute nello “Sblocca Italia”.

Questo è emerso nell’incontro della Val D’Agri, nelle parole di sindaci e componenti di associazioni e “comitatini”, ovvero, fare presente ai propri rappresentanti di Camera e Senato la situazione e spiegare le scelte di cui si rendono responsabili come componenti di partiti e movimenti presenti in Parlamento.

Di fronte alla mancata salvaguardia ambientale ed a una prospettiva economica che vede nel territorio un bene da espropriare e non su cui investire, ci facciamo portatori dell’eco proveniente dall’incontro del 19 settembre in Val D’Agri, destinata a diventare un urlo molto forte se l’istituzione o quello che ne rimane proseguirà nella sua dichiarazione d’incomunicabilità.




Il Coordinamento No Triv Terra di Bari il 19/09/2014 ha partecipato alla Tavola rotonda "Petrolio, Cosa bolle in pentola" a Villa D'Agri (PZ), un'iniziativa fondamentale per iniziare un percorso di vasta partecipazione contro le trivellazioni nei nostri territori.


foto di Felisiano Bruni - RumoreCollettivo
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giovedì 18 settembre 2014

Le "acque anomale" di Montemurro in Basilicata .


La premessa della professoressa Albina Colella dell'Università della Basilicata , in cui dice di aver ricevuto una sorta di "invito" a non illustrare pubblicamente i dati della sua ricerca sulle acque di Montemurro ma a farlo solo in ambito universitario , attraverso  una dichiarazione in cui si afferma di voler valutare azioni legali nei suoi confronti, oltre a lasciarci allibiti è un qualcosa di estremamente grave che ci fa capire quanto "alcuni soggetti" possano tenere sotto scacco l'attività delle nostre università , che invece devono LAICAMENTE essere un baluardo di democrazia e di difesa dei beni collettivi, rimanendo PUBBLICHE . Ebbene i risultati della ricerca dicono che , dopo la quarta campagna di misura, le acque di Montemurro hanno caratteristiche molto simile alle ACQUE DI STATO PETROLIFERO.





Conferenza stampa acque anomale di Montemurro from jonicatv on Vimeo.




mercoledì 17 settembre 2014

"La forza dei NoTriv è l'autonomia inclusiva"

Contributo di Felisiano Bruni per il Coordinamento NoTriv Terra di Bari.




La visita di Renzi a Bari, durante l’inaugurazione della Fiera del Levante, è subito diventata occasione di proteste e prese di posizione anche da parte di molti rappresentanti istituzionali. Questo dopo le dichiarazioni del Premier sulla necessità di “investire” nelle energie fossili e dando il benestare a attività di ispezione a scopo di trivellazione in quasi tutte le regioni meridionali. Segnalo la convocazione arrivata al Coordinamento NoTriv Terra di Bari e a molte realtà della società civile, dalla Presidenza del Consiglio della Regione Puglia per presentare il “Documento a Renzi” proprio sul tema delle trivellazioni sulla costa, l'appassionato discorso di Vendola alla Fiera del Levante, prontamente fatto girare sui social network, in cui il Governatore dice:

"L’Italia ha bisogno di energia? Noi la produciamo in percentuali rilevanti, sia con i combustibili fossili che con le rinnovabili, nel fotovoltaico come nell’eolico come nelle bio-energie deteniamo il primato della produzione nazionale: noi offriamo un contributo straordinario al soddisfacimento del fabbisogno energetico del Paese. E quindi abbiamo il diritto di ribellarci alle trivelle in questa nostra striscia di mare, pensiamo che l’Adriatico non possa subire l’impatto di una sua mutazione in piattaforma energetica. Diciamo si alla generazione diffusa di rinnovabili, si alla solarizzazione delle città, si all’efficientamento energetico degli edifici. Diciamo no a ciò che ci toglie l’orgoglio di essere protagonisti del nostro sviluppo: la ricchezza non è nascosta sotto i fondali, la ricchezza è la costa, la pesca, il turismo, il colore del nostro mare." 

ed infine il post di Guglielmo Minervini, candidato alle primarie del centro-sinistra per le prossime elezioni regionali in Puglia, che sui social network scrive :

“La Puglia fa gola. 
Gira e tira. 
Ci mettiamo il gasdotto nel posto più bello, le trivelliamo il suo mare, le piazziamo un bel resort in un uliveto millenario tra i più suggestivi. 
E magari le tiriamo un altro po' di carbone, le aumentiamo il petrolio e sull'Ilva, troppo complicata, poi vediamo. 
Troppe mani si stanno allungando sulla Puglia. 
Mentre noi, in questi anni, abbiamo imparato a valorizzare l'ambiente e il territorio come la nostra unica risorsa per costruire sviluppo senza distruggere le radici. 
Queste primarie sono come un bivio. 
Tra un sud che decide e un sud che, come al solito, si fa decidere. Tra un sud che cammina in piedi e uno che si mette in vendita. 
Se volete tra futuro e passato. Interessi generali o interessi forti. Sviluppo ecosostenibile e solidale o sviluppo predatorio. 
Non poco. 
Occhio che non è una partita come le altre. Contano quello che si dice ma anche gli omissis, quello che non si dice. 
Ecco.” 

Sono interventi che, da una parte, tendono a rimarcare le distanze da scelte insensate ed impopolari da parte del Governo Centrale, e dall'altra cercano di catalizzare l'attenzione mediatica sull'evidenziazione della propria sensibilità ambientalista, sensibilità che però rientra rigorosamente sempre in un quadro di logica di profitto. Capisco bene che il centro-sinistra pugliese abbia bisogno di riscattarsi da alcune ambiguità (vedi AQP e Taranto), ma il risultato di questi interventi è, in modo oggettivo, che essi risultano avere una cattiva influenza sui processi di democratizzazione delle tematiche ambientali e di gestione delle risorse naturali, perché tali ingerenze danneggiano ogni tentativo di autorganizzazione e di obbiettiva indipendenza dei cittadini, ELEMENTI IMPRESCINDIBILI per la difesa dei beni collettivi. Come è giusto che sia, nelle esperienze assembleari del Coordinamento No Triv Terra di Bari non si sono registrati interventi e partecipazioni istituzionali. Tranne per alcuni casi, i rappresentanti istituzionali sono oggettivamente su un piano politico diverso e il loro peso mediatico è talmente ridondante che un comitato territoriale deve necessariamente fare i conti con le proprie forze (di solito sempre molto esigue) per ottenere un po' di visibilità. Proprio per questo un percorso “NO TRIV” per essere forte ed influente ha l'arduo compito di essere inclusivo ma al tempo stesso non può e non deve farsi travolgere dalla visibilità del personaggio o del partito politico.

                                                                Felisiano Bruni - Coordinamento NoTriv Terra di Bari
         

                                                                                         foto di Domenico Facchini - RumoreCollettivo
                                                          Siamo promotori del Copyleft, quindi puoi usare le immagini
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venerdì 12 settembre 2014

NoTriv Terra di Bari non sottoscrive il "Documento a Renzi" presentato dalla Regione Puglia





Giovedì 11 Settembre 2014 siamo stati invitati come Coordinamento No Triv Terra di Bari dalla segreteria del Presidente del Consiglio Regionale Introna ad un incontro che si è tenuto alle ore 11,00 nella Sala Guaccero in via Capruzzi a Bari.
Abbiamo partecipato per ascoltare prima di tutto le posizioni istituzionali e conoscere le realtà convocate.
Sono intervenuti assessori e rappresentanti di alcuni comuni coinvolti dalle richieste della Global Petroleum Limited e non solo (Ostuni, Polignano, Fasano, Taranto), associazioni (Anci Puglia, Legambiente Puglia, Greenpeace Bari, WWF Puglia), movimenti e comitati (Meet Up Cinque Stelle, Stop Tempa Rossa, Gargano, Bonifica Molfetta, No Petrolio/Sì Energie Rinnovabili), partiti (Verdi) alla presenza del Presidente Introna e del consigliere Losappio.
La Regione ha distribuito ai presenti una cartellina al cui interno erano presenti: il documento realizzato dalla stessa, pronto per essere presentato al Presidente del Consiglio Renzi; articoli di giornale inerenti la posizione della Regione rispetto alle richieste delle multinazionali del petrolio; gli ordini del giorno contro le trivellazioni del consiglio regionale portati all’attenzione dei precedenti governi.
Nella discussione hanno avuto modo d’intervenire tutte le realtà presenti e sono emerse le differenti posizioni in merito alle scelte energetiche ed economiche del governo centrale, ma anche della Regione Puglia, specialmente, su Taranto, Brindisi (Cerano) e Salento (TAP). Il Presidente Introna, in merito, ha consigliato di concentrare la propria attenzione sul problema delle trivellazioni, rinviando ad altre sedi e momenti una discussione generale sulle altre criticità ambientali della regione.
Da una parte delle realtà amministrative e civiche presenti è venuta l’esigenza di una regia comune che coordini il lavoro dei vari soggetti per porre un argine alle richieste recenti ed a quelle in essere fatte dalle multinazionali del petrolio e, conseguentemente, cominciare ad affrontare, seriamente, le emergenze ambientali che riguardano tutti i territori pugliesi. Da altri comuni, associazioni e comitati è stata rimarcata l’importanza di questo incontro e la volontà di sottoscrivere il documento presentato dalla Regione Puglia.
Il consigliere Losappio ha proposto d’incontrarsi nuovamente dopo il 13 settembre per definire questa cabina di regia e dare modo a tutti i territori d’esprimere i problemi e raccogliere le istanze per portarle all’attenzione dei parlamentari pugliesi di tutti gli schieramenti presenti alla Camera ed al Senato che verranno convocati dalla Regione.
Come Coordinamento No Triv – Terra di Bari abbiamo comunicato che non sottoscriveremo il documento della Regione Puglia, non essendoci stato alcun passaggio assembleare per discuterne i contenuti ed operare le opportune modifiche, soprattutto, rispetto al modello di sviluppo da cui lo stesso non prende, chiaramente, le distanze. Abbiamo dato la disponibilità ad essere menzionati con tutte le altre realtà che hanno partecipato al confronto tenutosi stamane in Regione.
L’incontro è terminato alle ore 13,00, attendiamo, come tutte le altre realtà coinvolte, la prossima convocazione promossa dalla Regione Puglia con tutti i parlamentari locali per avviare questo percorso di conoscenza e risoluzione delle questioni ambientali ed energetiche in Puglia.

Coordinamento No Triv Terra di Bari




foto da consiglio.puglia.it

giovedì 4 settembre 2014

Osservazioni dell’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi

OggettoOsservazioni dell’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi in merito alle comunità biologiche vegetali ed animali all’istanza per l’avvio della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del progetto di: “Prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi a mare” - Intervento di indagine geofisica 2D, ed eventuale 3D, nell’area dell’istanza di permesso di ricerca in mare; il progetto è localizzato nel bacino dell’Adriatico meridionale, all’interno dell’area marina “F”, al largo delle coste pugliesi e comprende le sottozone, d80 F.R-.GP ; d81 F.R-. GP ; d82 F.R-.GP ; d83 F.R-.GP. Richiesta di rigetto del progetto.
Il Mar Mediterraneo è un bacino quasi completamente chiuso, dove l'afflusso continuo di acqua di superficie dall'Oceano Atlantico è la principale fonte del mare di rifornimento e rinnovo dell’ acqua. E’ un mare relativamente povero di nutrienti e con una produttività relativamente più bassa rispetto ad altri mari, a fronte comunque di comunità viventi ricche di specie vegetali ed animali che lo rendono unico ed incomparabilmente fragile allo stesso tempo.
La continua pressione antropica che insiste sul bacino varia secondo le aree e, per esempio, nel Mar Ionio settentrionale oggi insiste la prospettiva di una larga campagna di prospezione marina per l’estrazione di idrocarburi, programmata dagli organi di Governo nazionale già a partire dalla cessazione del divieto di ricerca ed estrazione di petrolio nel Golfo di Taranto secondo quanto stabilito dal Decreto 128 del giugno 2010.
L’impiego di trivelle per l’esplorazione dei fondali marini alla ricerca di giacimenti di gas e/o petrolio è un’ attività che comporta importanti perturbazioni degli ambienti marini e delle comunità viventi che le abitano, con tempi di recupero molto lunghi e, spesso, totalmente sconosciuti a priori. Le conoscenze attuali degli effetti di questo tipo di attività si basano, infatti, sull’analisi dei danni arrecati all’ambiente quando questi si sono oramai già verificati e, paradossalmente, tali conoscenze non possono aiutare a prevedere cosa potrebbe accadere in aree marine che ancora non hanno subito l’impatto di tali attività.
La letteratura scientifica mondiale mette in evidenza gli effetti dannosi di ispezioni sismiche, ricerca di idrocarburi ed estrazione di petrolio per la vita acquatica anche delle vicine comunità costiere. Non vengono presi in considerazione gli effetti reali a lungo termine su comunità animali e vegetalipesca, stabilità dei fondali marini ed inquinamento delle acque. Sono assolutamente trascurati i probabili impatti ambientali che potrebbero derivare dalle attività in oggetto quali scoppi di pozzi, dispersione in mare di rifiuti speciali, anche tossici, o la subsidenza. Ad es. l’EPA (Environmental Protection Agency) ha rilevato la presenza nei fluidi perforanti di contaminanti quali metalli pesanti, benzene e toluene.
In particolare, per quanto riguarda le comunità vegetali, quelle che potrebbero essere interessate da possibili impatti negativi comprendono:
1)Praterie a fanerogame, prima fra tutte Posidonia oceanica.
Questa è la specie più importante per complessità, persistenza ed estensione delle sue praterie. Per la sua sensibilità alle variazioni delle condizioni ambientali è considerata un buon indicatore biologico della qualità delle acque. Essa rientra tra gli habitat prioritari ai sensi della Direttiva Habitat (43/92/CEE) ed è inclusa nelle liste delle specie da tutelare della Convenzione di Berna e della Convenzione di Barcellona. Infatti, le praterie di Posidonia svolgono nell'ambiente marino numerosi ruoli fondamentali:
a)elevata produzione di ossigeno: l’ossigeno prodotto durante la fotosintesi (circa 14 l/m2/anno) contribuisce notevolmente all’ossigenazione delle acque. Si ritiene che da 1 mdi prateria vengano prodotti giornalmente da 4 a 20 l di ossigeno e conseguentemente, grazie agli scambi esistenti all’interfaccia acqua-aria, P. oceanicarappresenti una produttrice di ossigeno anche per gli ambienti terrestri, almeno in alcuni periodi dell'anno.
b)elevata produzione di materia organica: la produzione di sostanze organiche è pari a circa 20 t/ha/anno. La grande quantità di sostanza organica prodotta costituisce una fonte di cibo diretta e indiretta per numerosi organismi ed è il punto di partenza di una complessa rete trofica che coinvolge sia la catena del detrito (con le foglie morte) che quella del pascolo.
c)zona di riproduzione e nursery e polo di biodiversità: le praterie di P. oceanica rivestono notevole importanza per l’elevatissima diversità ecologica delle comunità animali associate, costituendo una sorta di nursery e rifugio per un grande numero di organismi, tra cui anche specie d’ importanza commerciale, come pesci, cefalopodi e crostacei o specie minacciate come il mollusco Pinna nobilis. Il posidonieto è uno degli ecosistemi mediterranei più importanti per il suo ruolo ecologico e per la biodiversità che ospita (secondo alcuni autori dal 20 al 25% delle specie mediterranee).
d)riduzione dell’idrodinamismo: il posidonieto contribuisce alla riduzione dell’energia delle correnti e delle onde, protegge le spiagge, favorisce la decantazione e la sedimentazione delle particelle sospese in acqua; si stima che una perdita di 1 m di prateria possa causare una regressione della linea di costa di quasi 20 m.
e)stabilizzazione del fondale marino: con il sistema dei rizomi e delle radici, P. oceanica contribuisce alla stabilità dei fondali incoerenti; un’ ulteriore protezione delle spiagge sabbiose è data dall’accumulo delle foglie morte spiaggiate.
La regressione delle praterie è un fenomeno che sta coinvolgendo tutte le fanerogame a livello mondiale. Una delle cause è sicuramente rappresentata da sostanze altamente inquinanti, le cui caratteristiche tossicologiche provocano danni letali a livello istologico e alterano i processi di accrescimento della pianta. Gli idrocarburi, in particolare, formando un sottile film sulla superficie dell’acqua, ostacolano la penetrazione della luce e, depositandosi sulle foglie, ne riducono gli scambi gassosi. Un effetto nocivo simile è espletato da una eccessiva sedimentazione. Nello studio effettuato non viene preso in considerazione il rischio di aumento di torbidità delle acque che potrebbe essere direttamente o indirettamente causato dalle attività di ricerca e di successiva estrazione di idrocarburi con conseguenti effetti negativi su Posidonia.
2)Macroalghe delle biocostruzioni marine.
Alla costruzione e consolidamento delle biocostruzioni marine, in sinergia con animali a scheletro calcareo, partecipano numerose alghe calcaree; altre macroalghe a tallo molle che colonizzano i substrati organogeni, danno luogo a complessi paesaggi con stratificazione verticale e una ricca variabilità orizzontale. Le biocostruzioni svolgono alcuni ruoli fondamentali agendo da zone nursery e creando una complessa rete trofica formata da costruttori, demolitori, filtratori, macroalghe, erbivori e carnivori. In questi particolari ambienti non vanno inoltre trascurate le attività legate alla pesca e al turismo subacqueo. Tra le biocostruzioni marine, il coralligeno rappresenta un importante hotspot di biodiversità nonché habitat prioritario di salvaguardia nell’ambito del protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona (recepita in Italia con la legge n. 175 del 27 maggio 1999) denominato Biocenosi del coralligeno (codice IV.3.1) (Relini & Giaccone 2009). Nel circalitorale la biodiversità delle sole macroalghe del coralligeno, senza contare le numerose specie animali, ammonta a circa 316 specie. Questo habitat è presente in diversi punti del litorale che è oggetto di richiesta delle concessioni, come è evidenziato nella mappa seguente:
 I simboli rossi indicano le segnalazioni di biocenosi del coralligeno lungo le coste pugliesi, mentre i simboli in verde rappresentano i luoghi in cui tali habitat prioritari rientrano nell’ambito di aree marine protette (da Relini & Giaccone 2009).
3)Comunità a Cystoseira.
Il genere Cystoseira comprende alghe brune parzialmente o interamente perennanti e per lo più di dimensioni cospicue. Alcune specie, presenti anche lungo i tratti di costa interessati, in condizioni edafiche ottimali strutturano popolamenti omogenei in grado di ospitare una ricca e diversificata componente animale e vegetale. Si tratta in effetti di strutture vegetazionali ad elevata biodiversità al cui interno si intrecciano complesse relazioni biotiche che rendono questi popolamenti estremamente sensibili ad un ampio spettro di stress ambientali.
Invece, per quanto riguarda le comunità animali, in merito alle richieste inoltrate dalla Global Petroleum Limited al Ministero dell'Ambiente per le ispezioni dei fondali prospicienti la zona tra Molfetta e Brindisi, si segnala che la zona era già stata oggetto d’indagine a cavallo degli anni 2000 da parte della Compagnia Petrolifera ENI-AGIP , tanto che il Laboratorio di Biologia Marina di Bari ebbe l’opportunità di organizzare, con i loro fondi, la prima indagine a livello della Fossa di Bari (al largo di Molfetta), che rappresenta la zona più profonda di tutto l’Adriatico. Per quanto di nostra competenza, in quell’occasione fu organizzata una campagna di pesca a strascico su fondali profondi, compresi tra 826 e 1196 m, dove fu segnalata per la prima volta la presenza di tre specie di teleostei (Ungaro et al., 2001). Successivamente ulteriori studi dimostrarono che una delle tre specie di teleostei, Coelorinchus occa, apparteneva ad una nuova specie per l’Adriatico (Ungaro et al., 2001), tanto che fu proposta la classificazione di questa con il nome di Coelorinchus mediterraneus (Iwamoto & Ungaro, 2002); in seguito ulteriormente inserita nella Red List dello IUNC (Di Natale et al., 2013: http://www.iucnredlist.org/details/194819/0).
Alla luce di quanto esposto, quindi, la richiesta d’intervento di indagine geofisica della GPL, con la sua zona F, ricopre proprio l’area già in passato indagata e che racchiude un notevole patrimonio di biodiversità, con la presenza di endemismi che dovrebbero essere ulteriormente investigati, come i citati riferimenti bibliografici dimostrano ampiamente. In merito alle procedure di VIA, tali ricerche dovrebbero essere tenute necessariamente in debita considerazione; a tal proposito, dalla lettura dello studio di impatto ambientale prodotto dalla società proponente il progetto, non sembra che sia stata in alcun modo considerata la bibliografia riportata in questa sede nel paragrafo relativo all’ittiofauna (4.4.2) e ciò, di certo, ne compromette l’attendibilità e la conseguente relativa stima di significatività.
In conclusione, non è opportuno continuare a sottoporre tale area marina ad enormi rischi d’ inquinamento ambientale che sono inevitabilmente da prevedere se si darà avvio alle campagne di prospezione per la ricerca di idrocarburi nei fondali marini. L’estrazione di gas e/o petrolio, che si prospetta come passaggio successivo a quella dell’attività investigativa, comporta inoltre altrettanti pericoli per la salvaguardia dell’ecosistema marino in termini di rischio di inquinamento derivante dalle attività operative che normalmente si svolgono in queste piattaforme estrattive ed anche da possibili incidenti, inadempienze o eventi imprevedibili.
Il tratto di Mare oggetto delle investigazioni è ancora oggi un mare che ospita specie animali e vegetali di enorme importanza per la biodiversità marina, annoverando la presenza di cetacei, tartarughe marine, squali e praterie di posidonia (habitat necessario alla riproduzione di innumerevoli altre specie marine). Non è da sottovalutare anche la ricchezza delle risorse alieutiche di quest’area marina, nonostante l’enorme pressione delle attività di pesca a strascico e pelagica che concorrono alle economie locali e nazionale con la produzione importantissima di gamberi rosa, rosso e viola e di altre specie ittiche di alto valore commerciale (merluzzo, pesce spada, tonno rosso, etc.).
Proprio le specie demersali sono le più a rischio, in caso di attività di estrazione di idrocarburi, poiché sono più a contatto con i fondali marini (almeno per una buona parte del loro ciclo vitale) e subirebbero pertanto un impatto la cui entità non è affatto prevedibile. Le ripercussioni non tarderebbero a farsi sentire in tutto l’ecosistema marino, che come è noto resta pur sempre un ecosistema fragile ed ancora non del tutto conosciuto.
Non è ormai più accettabile la posizione di un paese che continui ad investire enormi risorse economiche sulla ricerca degli idrocarburi, nonostante le tecnologie moderne consentono oramai di indirizzare gli sforzi nella implementazione di fonti di energia alternative e, allo stesso tempo, nell’abbracciare una nuova filosofia designata al risparmio energetico, nonché al recupero e riciclo di flussi energetici che sono impiegati in ogni attività lavorativa.
È tempo che le comunità locali facciano sentire la propria voce, per segnalare con forza il malessere di una popolazione che ha voglia di benessere (non solo economico…), crescita e lavoro più legati alle ricchezze che il nostro paese offre in termini di turismo, arte, natura, e che non ha alcuna fiducia sugli effettivi vantaggi che l’estrazione di idrocarburi farebbe ricadere sul territorio.
Osservazioni a cura di Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi (A.B.A.P.)
Antonella Bottalico (A.B.A.P.); Michele Deflorio (A.B.A.P.); Elvira Tarsitano (A.B.A.P.); Alessandro Vlora (A.B.A.P./CAEB). Per l’Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi

sabato 30 agosto 2014

Un pozzo di dubbi


Questo è il documento collettivo che stiamo condividendo con singoli e gruppi organizzati rispetto a quanto sta avvenendo in Puglia dopo le quattro richieste della Global Petroleum Limited. Abbiamo inviato questo documento al CAMPEGGIO NO TRIV che si tiene in questi giorni a Morcone (BN) in modo da cercare un confronto con i comitati , i coordinamenti No Triv ed i singoli lì presenti e nella volontà di allargare la base, aumentare le conoscenze comuni e sviluppare massa critica utile in questo momento storico a riaffermare l'autodeterminazione dei territori nelle scelte politiche, ambientali ed economiche.



Apprendiamo dal sito del Ministero dell’Ambiente che la Global Petroleum Limited ha avanzato ben 4 istanze per ricerche di giacimenti di idrocarburi nel mar Adriatico. L’area interessata, complessivamente di oltre 700 kmq, è quella compresa tra i territori di Molfetta e Brindisi.
Pensiamo sia superfluo sottolineare che coinvolge comunità da sempre basate su pesca e  turismo.
Per questo eventuali permessi concessi dal governo segnerebbero una violenza evidente nei confronti di tali territori.


Vogliamo evidenziare che le analisi esplorative utilizzate dalla multinazionale del petrolio per cercare eventuali giacimenti petroliferi sono estremamente impattanti sull’ambiente. 


Ci sono inchieste e studi che denunciano come l’utilizzo della tecnica “Air-gun” (consistente nello “sparare” a grande velocità aria compressa sul fondale provocando vere e proprie esplosioni) risulti dannosa per molte specie marine. Secondo la prof.ssa Rita D’Orsogna, fisico e ricercatrice presso diverse importanti università statunitensi, queste ispezioni sismiche provocano ingenti danni alla pesca ed alla flora marina.
Non si esclude che l’enorme pressione delle onde sonore generate possa avere effetti destabilizzanti sul delicato equilibrio marino.

 Uno studio della stessa D’Orsogna prova la pericolosità delle tecniche air – gun e del fatto che le stesse possano contribuire sia alla perdita dell’orientamento con conseguente spiaggiamento delle balene sia arrecando ingenti danni, derivanti dalle ispezioni sismiche attuate con la suddetta procedura, a zifi, delfini e capodogli, presenti in gran numero nelle acque delle zona interessata dalle quattro richieste. Ricordiamo a questo proposito gli oltre 50 delfini spiaggiati lungo le nostre coste negli ultimi tre anni.

Ci chiediamo che effetto possa produrre, per esempio, nelle acque al largo di Molfetta e Giovinazzo, risaputamente sature di ordigni bellici affondati lì dopo la bonifica del porto di Bari, dopo il bombardamento del 2 dicembre 1943, e delle bombe inesplose della guerra del Kosovo rilasciate nella stessa area.

Ci lasciano esterrefatti le parole del Ministro all’Ambiente (sic!) Gianluca Galletti che sostiene “l’opportunità offerta dal petrolio” e accoglie a braccia aperte le trivellazioni nel nostro mare.
Eppure basterebbe scorgere cosa è avvenuto e avviene in altre regioni a noi vicine a causa del petrolio per capire che sarebbe molto meglio farne a meno.
In Emilia Romagna la regione ha commissionato uno studio, prodotto dalla commissione Ichese, che ha sottolineato la possibile relazione tra le attività di trivellazione e le potenti scosse sismiche che hanno duramente colpito la provincia emiliana nel 2012.
In un passaggio della relazione finale si dice: “La pagina 47, con le conclusioni di questo capitolo è estremamente rilevante. Al primo punto si afferma che l’estrazione e/o l’iniezione di fluidi nei giacimenti di idrocarburi possono, in determinate circostanze, indurre o scatenare attività sismica”. Al secondo punto dice: “Diversi rapporti autorevoli descrivono casi ben studiati dove l’estrazione e/o l’iniezione di fluidi nei giacimenti di idrocarburi o geotermici è stato associato al verificarsi di terremoti, di magnitudo superiore a 5. E’ difficile, a volte impossibile, utilizzare il termine provata per questi casi (…).

Esistono comunque alcuni casi in cui l’attività sismica è stata associata a re – iniezione di acqua di processo nello stesso serbatoio dal quale è stato estratto olio o gas”. A seguito di tale relazione sono stati revocati i permessi per le nuove istanze di estrazione.
Ma per smontare tutte le mistificazioni rispetto ai grandi vantaggi di cui il petrolio è portatore basta spostarsi di qualche chilometro, in Basilicata.
Quando in Lucania, venti anni fa, si scoprì il petrolio, tutti i politici locali e nazionali accolsero la novità urlando che la popolazione si sarebbe arricchita e sarebbe piovuto lavoro per tutti.
Dopo vent’anni ci troviamo di fronte allo stupro di un territorio ricco di storia e natura, dovendo evidenziare che gli unici ad essersi arricchiti sono stati i petrolieri. 
Infatti, secondo l’Istat  la Basilicata è la regione più povera d'Italia.  La popolazione sta diminuendo a vista d’occhio: sono oltre 3000 all’anno i giovani che lasciano la regione per emigrare altrove.
I dati della Cgil denunciano un tasso di disoccupazione costantemente in crescita: «Nella sola Val d'Agri (dove è più intensa l'attività dei petrolieri) ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati».


Ma la vera beffa riguarda le royalties (in Italia pari appena al 4% del profitto globale delle multinazionali per le estrazioni in mare e del 10% per quelle sulla terraferma). A fronte dei 141 milioni di euro che hanno portato al Pil regionale, le stesse hanno determinato l'uscita della Basilicata dai fondi UE per l'obiettivo 1, perdendo così finanziamenti europei per circa 320 milioni di euro.
Ma non basta! Ci sono anche l’inquinamento ed i danni permanenti causati al territorio. 

La Basilicata ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale (dati dell'Associazione Italiana Registro Tumori) e le aziende agricole si sono dimezzate nell'arco di 10 anni (dati Confederazione Italiana Agricoltori).
Secondo i dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti le attività di estrazione hanno inoltre prodotto oltre 400 siti contaminati.
Gli studi della Prof.ssa Albina Colella ci allarmano riguardo le condizioni di salute dell’invaso del Pertusillo, nella Val d’Agri, fonte di acqua potabile anche per molti comuni pugliesi. Le analisi hanno mostrato una consistente presenza di idrocarburi (oltre i valori consentiti dall’Istituto della Sanità) e addirittura di metalli pesanti (forse derivanti dalle sostanze lubrificanti che si usano per le trivelle).
A questo proposito vogliamo ricordare che Eni, Shell e Total finanziano parte dell’attività didattica dell’Università della Basilicata, come seminari, convegni, borse di studio e assegni di ricerca, proprio nell’ambito dello studio geologico del territorio lucano specificatamente in correlazione alla attività estrattiva. Dato l’evidente conflitto di interessi, ci chiediamo quanto possano essere credibili tali studi ed analisi.
Vale la pena sottolineare, tra le famigerate “riforme” che il governo Renzi vorrebbe portare a casa con la stampella della destra, la modifica del Titolo V della Costituzione che esautorerebbe Regioni ed Enti Locali da ogni intervento in merito alle politiche di tutela ambientale e di sviluppo energetico.



Alla luce di tutto questo, e tanto altro, ci opporremo con tutte le forze a questa follia, figlia di un sistema economico capitalista e di una produzione energetica che garantiscono  i profitti delle solite lobby, calpestando il diritto all’autodeterminazione di ogni comunità e distruggendo i beni comuni e le nostre vite.

Cercheremo un fronte comune, costruito dal basso, con chi, in Puglia e non solo, voglia condividere questa lotta in difesa del proprio territorio.


Saremo nelle piazze ad informare la gente ed al contempo fuori dai palazzi a pretendere che le istituzioni tutelino per davvero il nostro diritto alla salute.

Da un lato quindi esortiamo chiunque ne abbia voglia a mettersi in rete e a dar vita nelle proprie realtà ad incontri, dibattiti o qualsiasi altra forma d’informazione rispetto a quanto sta avvenendo e dall’altro chiediamo a gran voce alle istituzioni locali di prendere una posizione netta, al di là delle sterili dichiarazioni sui media o sui social network, contro le trivellazioni in Adriatico, magari partendo, nel caso occorra, dalla modifica dello statuto comunale e/o dal ricorso al principio di precauzione.
Chiediamo inoltre, a chiunque sia in possesso delle competenze necessarie, di farci pervenire ogni tipo di contributo che faccia chiarezza sui rischi legati alle quattro istanze della Global Petroleum Limited.


Le trivelle non piovono da sole dal cielo! Sono il frutto di semplici e precise scelte politiche. I sindaci delle nostre città, i presidenti delle nostre Province e Regioni fanno parte o sono alleati dei partiti che sono al governo e che oggi scelgono di svendere il nostro territorio. Nessuno accampi scuse di non competenza ma piuttosto ci si prenda le dovute responsabilità politiche.


Coordinamento No Triv Terra di Bari


INFO E ADESIONI :
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     foto di Felisiano Bruni - RumoreCollettivo
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martedì 26 agosto 2014

Assemblea Pubblica contro le trivellazioni petrolifere . Ven. 5 Settembre 2014 a Molfetta (BA)

Riprendono le assemblee pubbliche del coordinamento No Triv all'indomani della pubblicazione delle osservazioni sul sito del ministero dell'ambiente alle quattro richieste d'ispezione dei fondali per la ricerca di giacimenti d'idrocarburi da parte della Global Petroleum. Il coordinamento intende proseguire nel percorso di consapevolezza dei territori e di confronto con le altre realtà che a vario titolo si sono mosse nelle città interessate dalle richieste per sollecitare le comunità e le amministrazioni locali.
Come per le altre assemblee ci incontreremo in un luogo pubblico in questo caso nel centro storico di Molfetta e precisamente nel Giardino Mammoni in Via Preti . In caso di pioggia possiamo spostarci nell'attigua Sala Turtur.

A MOLFETTA 5 SETTEMBRE ORE 18.30.

info: notriv.molfetta@gmail.com

Link all'evento Facebook : https://www.facebook.com/events/559085474214256/




Locandina by D&G Comics
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giovedì 21 agosto 2014

Economia Collettiva e Sismicità relativa

I commenti pubblicati sull’articolo della testata web “Giovinazzo Live” a firma di Domenico 1990, ci permettono di ragionare su due questioni importanti emerse nelle sue riflessioni, ovvero, il modello economico norvegese e la mancanza di correlazione tra l’estrazione d’idrocarburi in Emilia Romagna ed i terremoti che in questi anni hanno colpito la regione. Come Coordinamento No Triv Terra di Bari, non ci sentiamo di rappresentare quel vasto movimento del “no” spesso agitato come spauracchio dai governi centrali e locali come causa di una visione miope ed antistorica, lontana dalle esigenze delle comunità e dalle necessità di creare sviluppo con l’illusione di posti di lavoro certi e permanenti. 

C’interessa invece, seriamente, ragionare di quanto avviene in Norvegia, oggi, terzo paese al mondo produttore di petrolio. Il paese nordico ha da subito ragionato di un sistema pubblico che permettesse, sin dall’inizio, di gestire le economie provenienti dalle attività estrattive attraverso la Statoil, società controllata dallo stato che sviluppasse competenze locali nel campo petrolifero, il Direttorato Petrolifero che si occupasse delle concessioni e delle tecnologie utilizzate ed il Fondo Monetario che raccogliesse i proventi, indirizzandone una parte verso le politiche sociali mentre il resto veniva investito in altri fondi internazionali, andando ad accrescere la ricchezza pro capite dei norvegesi. Questo percorso che parte dagli inizi degli anni ’70 ed arriva sino ai giorni nostri non ha mai visto un arretramento del pubblico rispetto al rapporto con le multinazionali che estraggono al largo della Norvegia, dato che hanno trovato sempre un interlocutore nello stato come co–investitore attivo e non passivo, consapevole che il proprio ruolo deve essere quello dell’utilizzo delle risorse naturali per promuovere il benessere dell’intera comunità, controllando che lo stesso sviluppo non vada ad intaccare eccessivamente il territorio. Tornando al nostro Paese (l’Italia), nel dibattito tornato a svilupparsi in questi mesi sulla necessità di esaminare il fondale dell’Adriatico (e non solo) alla ricerca di giacimenti d’idrocarburi da poter sfruttare, non abbiamo colto nelle riflessioni della politica nazionale alcuna riflessione minimamente avvicinabile a quelle fatte, a loro tempo, in Norvegia. Il ruolo del pubblico ci sembra più quello di un ratificatore dei desiderata esterni provenienti dalle varie multinazionali, interessate al nostro sottosuolo più per le bassissime royalties da destinare all’Italia che per un reale investimento su competenze e tecnologie innovative. Questa mancanza di visione politica, abilmente nascosta dal richiamo alla vicina Croazia ed alla sua disponibilità a concedere il permesso ad esaminare e trivellare il fondale marino come competitor che priverà l’Italia di eventuali ricchezze, pensiamo sia un motivo sufficiente ad opporre un fermo rifiuto alle richieste della Global Petroleum Limited ed in generale ad una politica energetica italiana incapace di esercitare un forte controllo pubblico sulle dinamiche economiche legate all’energia con una visione che esplori nuove modalità d’investimento sul territorio, volte ad una necessaria riduzione dei consumi e ad una riflessione collettiva che renda partecipi i territori delle scelte. Sulla seconda questione posta della correlazione tra le estrazioni d’idrocarburi ed i terremoti che hanno colpito duramente l’Emilia Romagna, si fa riferimento ai risultati della Commissione Ichese. Nella relazione finale ci sembra di particolare interesse la parte che risponde al secondo quesito, ovvero, “è possibile che la crisi emiliana sia stata innescata da attività di sfruttamento o di utilizzo di reservoir, in tempi recenti e nelle immediate vicinanze della sequenza sismica del 2012?”. In un passaggio viene detto che “in base alla sismicità storica della zona si può ritenere molto probabile che il campo di sforzi su alcuni segmenti del sistema di faglie nel 2012 fosse ormai prossimo alle condizioni necessarie per generare un terremoto di magnitudo locale intorno a 6”, ma assume interessante rilevanza, nella parte finale, questo enunciato, “La Commissione ritiene altamente improbabile che le attività di sfruttamento d’idrocarburi a Mirandola e di fluidi geotermici a Casaglia possano aver prodotto una variazione di sforzo sufficiente a generare un evento sismico indotto. L’attuale stato delle conoscenze e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte ed elaborate non permettono d’escludere, ma neanche di provare, la possibilità che le azioni inerenti lo sfruttamento d’idrocarburi nella concessione di Mirandola possano aver contribuito ad innescare l’attività sismica del 2012 in Emilia”. Quindi l’atteggiamento è di estrema cautela, legato alla mancanza di dati che permettano ulteriori indagini ed una ricerca “giovane” che si sta sviluppando in questi anni sul tema della correlazione tra ricerca degli idrocarburi e terremoti, tale da non permettere di sviluppare protocolli di sicurezza efficienti. Quindi non si può parlare di mancanza di correlazione tra gli eventi, ma piuttosto di una situazione che andrebbe ulteriormente approfondita a livello pubblico con un’attività di ricerca statale e non controllata da quelle stesse multinazionali che si occupano di promuovere le attività estrattive. Ovviamente, come coordinamento, siamo sempre pronti ad un confronto con tutti coloro che pongano questioni d’interesse collettivo per sviluppare una riflessione che non si fermi alle banalità, ma s’impegni a ragionare di una nuova visione del pubblico che sappia prendere gli aspetti positivi ed investire sul suo potenziamento per creare un efficace contraltare al prevalere d’interessi privati ed istinti individualisti propri della società in cui viviamo. 


Coordinamento No Triv Terra di Bari
Gruppo Molfetta-Giovinazzo

     foto di Domenico Loiacono - RumoreCollettivo
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